Stemma Albani, XVII secolo
Storia dell'Antico Borgo del Padergnone
Due lapidi risalenti al primo secolo d.C., ritrovate durante i lavori di restauro nel 2006 del cinquecentesco Oratorio di San Michele, testimoniano del fatto che il borgo fosse già abitato in epoca romana. Ad ulteriore conferma di ciò, nel 1875 l'archeologo Gaetano Mantovani (1844-1925) attestava il ritrovo di un "tepidarium" (parte delle antiche terme romane destinata ai bagni in acqua tiepida), venuto alla luce durante i lavori per l'abbattimento di una grande pianta.
Epoca Medievale
Passando al periodo alto medievale occorre ricordare un paio di pergamene, oggi conservate presso l'Archivio della Curia vescovile di Bergamo. La prima, risalente all'anno 1008, nomina Teuzo del fu Milone, abitante in Padergnone (Teuzo abitator loco Paternioni et filius quondam Milonis), mentre la seconda, riferita all'anno 1010, riporta come testimoni di un atto di vendita Giovanni e Audeverti, padre e figlio abitanti di Padergnone (Iohanni et Audeverti pater et filius de eodem loco Paternioni testes). Queste due testimonianze attestano la continuità della presenza umana nel borgo di Padergnone, ininterrotta dal I sec d.C. ad oggi.
Quattrocento: i Poncino
Ma è a partire dalla prima metà del XV secolo che la storia di Padergnone diventa dettagliata e ben identificabile, sia nei documenti conservati in Archivio Storico di Bergamo, sia nella sua architettura, visibile ancora oggi. L'artefice della rinascita, che porterà Padergnone a gravitare nella storia bergamasca, è la famiglia Poncino (anche detta Ponzino, Ponzini, Poncini, De Ponzinalibus), antichi commercianti di lana provenienti dalla Germania, che aveva la sua dimora in quello che è oggi l'attuale Palazzo Medolago Albani, alle spalle di Porta San Giacomo in Bergamo alta. Fu Antonio Poncino, (detto Tonolo, nato nel 1416 e sposato nel 1441 con Dorotea Trivulzio) ad acquistare i primi terreni a Padergnone. Risalgono probabilmente a questa epoca parte della struttura con massicce colonne e volte a crociera, oggi presente nel cortile centrale della villa, e una parte della torretta che conserva le originarie volte ad ombrello.
Cinquecento e Seicento
L'atto di costruzione del palazzo, vera dimora della famiglia, datato 1508, venne stipulato tra Girolamo Poncino, detto l'Antico (pronipote di Antonio) e Defendente da Bargno da Fontanella. Il palazzo è costituito anche da una galleria con loggia esterna. Tra gli affreschi ancora oggi visibili lo stemma del Cardinale Raffaele Riario, cugino del Cardinale Pietro Riario, Commendatario del Monastero di Pontida. Sempre Girolamo, nel suo primo testamento datato 1513, dava istruzioni affinché venisse restaurato l'Oratorio di San Michele. Il restauro probabilmente venne affidato all'architetto Andrea Zilioli (che aveva operato anche nella Chiesa di San Michele al Pozzo Bianco di Bergamo), con cui Girolamo aveva già collaborato. L'oratorio, edificato nella parte sud est della villa, venne utilizzato come cappella privata della famiglia fino al 1660, allorché il nobile Mario Poncino ottenne dal vescovo Gregorio Barbarigo la concessione per aprirlo alla pubblica devozione. Attivo fino al 1769, anno di consacrazione della nuova Chiesa intitolata alla Beata Vergine, divenne poi abitazione del giardiniere, cosa che ne fece presto perdere il decoro, tanto che oggi, a testimonianza del sacro passato, restano soltanto gli affreschi del catino absidale (recuperati nel 2006) e la facciata esterna, con il timpano sormontato dallo stemma della famiglia Poncino. La pala d'altare, oggi conservata nella Chiesa di Zanica, è dedicata a San Michele Arcangelo. Risale al XVII secolo la porzione di villa edificata sul lato sud che si affaccia sul parco.
Seicento: gli Albani
Nel 1661 si celebrò il matrimonio tra la figlia di Mario, Lelia Poncino, e il Conte Cavaliere Giovanni II Albani. Un primo legame tra queste due importanti famiglie bergamasche avvenne già un secolo prima, nel 1563 tra Felicita Poncino e Guidone Albani. Sono tre gli stemmi affrescati nel palazzo che ancora oggi ricordano questo legame. Nel 1698 con la morte di Girolamo detto il Giovane, fratello di Lelia e ultimo discendente maschio della famiglia Poncino, Padergnone divenne proprietà degli Albani, che possedevano anche la vicina Rocca di Urgnano. A testimonianza di ciò venne realizzato nel cortile centrale della villa un grande affresco (ancora oggi visibile), celebrazione della grandezza della famiglia, che a più di un secolo di distanza dalla sua morte ricordava il Cardinale Giovanni Gerolamo Albani. Sovrasta questo affresco un orologio alla romana (a sei ore) di cui si conserva il meccanismo, restaurato e funzionante. L'orologio azionava anche una campana, su cui oggi è ancora possibile leggere la data (1668) e il nome dei fratelli Mario e Alessandro Poncino. Gli Albani, ed in particolar modo la Contessa Paola dei Conti di Calepio, moglie di Giovanni Domenico Albani, dimorarono a Padergnone fino al 1776, anno in cui gli eredi Francesco e Giovanni Estore cedettero la proprietà a Giuseppe Maria fu Teodoro Sonzogno.
Settecento: i Sonzogno
Grazie alla famiglia Sonzogno Padergnone visse un nuovo rinascimento. Risalgono infatti a quegli anni diverse opere di restauro compiute sull'intera villa, nonché la costruzione dell'attuale Chiesa della Beata Vergine, consacrata nel 1769. A navata unica la Chiesa si presenta in perfetto stile neoclassico, sobria e luminosa, con pala d'altare attribuita al pittore Carlo Francesco Nuvolone (1609-1662) oltre ad un'importante altra opera, la Deposizione, del pittore Francesco Capella, detto il Daggiù (1711-1774). La campana venne forgiata dalla Fonderia Crespi nel 1766, attiva nel cremasco. Oltre alla chiesa i Sonzogno realizzarono e adornarono di statue il parco, conferendogli il classico carattere di giardino all'italiana, come indicato in una planimetria risalente al 1830, dove si contano sedici statue. Risalgono sempre a questa epoca i medaglioni con busti di imperatore e fregi floreali che adornano la facciata della villa prospiciente il parco.
Dall'Ottocento ai giorni nostri
Nel luglio del 1826 morì Teodoro Sonzogno, pronipote di Giuseppe Maria, e a pochi mesi dalla sua scomparsa venne a mancare anche il giovane Domenico, l'erede universale da lui designato. A ciò ne seguì una lunga causa legale per la spartizione dell'eredità del defunto Teodoro, che comportò il frazionamento della proprietà di Padergnone: è a questo punto che la villa venne divisa tra le famiglie dei Sottocasa e Turati (lato materno di Domenico) e dei Carrara (tramite il lato paterno). Ai Sottocasa / Turati subentrò poi, tramite legame matrimoniale, la famiglia Brentani e successivamente i Venanzi. L'attuale aspetto del parco, con laghetto, lo si deve a Giuseppina Arrigoni, moglie di Carlo Venanzi. Anche la parte di villa di proprietà dei Carrara venne poi ceduta ai Venanzi. Nel 1955 circa venne creata ad hoc una "Società Anonima Padergnone" di competenza della famiglia Ferrari che racchiuse in sè tutte le varie parti della villa. Ciò permise di ricompattare la proprietà di Padergnone, che venne così acquistato nel 1957 dalla famiglia Mascheretti, attuale proprietaria. Da questo passaggio restò escluso l'annesso mulino, oggi di interesse comunale per la futura realizzazione del Museo dell'Agricoltura.